Api a perdere, una pratica da eliminare.
Ci sono giunte notizie di utilizzo sul territorio regionale di agglomerati (non sapremmo come definirle) di api sistemate su qualche telaio a favo con un minimo di covata (per non collassare all’istante), generalmente orfane o con regine a fine carriera, vendute per impollinare colture (serre, ma anche ciliegi).Ovviamente dietro questo mercato vi sono apicoltori con pochi scrupoli che speculano su tale attività favoriti anche dall’assoluta mancanza di competenze apistiche dell’acquirente (al quale servono solo insetti che vadano sui fiori, ) mettendo in giro sicuramente non il meglio del proprio allevamento, fuori da ogni controllo e alcuna tracciabilità. Le conseguenze di tale pratica possono essere molto gravi nel momento in cui neanche l’acqurente riesce a gestire la parte tecnico-sanitaria dell’allevamento (non ne ha competenza )con la diffusione di patologie sia già presenti all’acquisto e sia successive conseguenti dello squilibrio della famiglia.Nosema, varroa e peste europea ne possono essere le dirette conseguenze trasmesse ad altre famiglie delle vicinanze grazie alla scarsa difendibilità di famiglie cosi formate.
Tralasciando il tema etico sul destino riservato a tali famiglie che credo sia troppo fino per tali soggetti
ci concentriamo più sulla pubblicizzazione, denuncia ed eliminazione di tale fenomeno almeno sul territorio regionale perché non ci si senta dire da parte di coloro che dovrebbero intervenire il solito”ma noi non sapevamo niente”.